Revue d'Histoire Celtique |
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I
Liguri Avalon, Cornovaglia e
dintorni La Necropoli Insubre
di Somma Lombarda Agenda: Manifestazioni
Celtiche Simbologia
Celtica Recensioni: Le Piante dei Celti:
La Celidonia
La
Revue
d'Histoire
Celtique in quanto bollettino della
Société, riteniamo non debba trattare
solo delle ricerche e degli studi dei Soci, ma
anche suggerire itinerari, mostre, appuntamenti
culturali affini ai nostri interessi
istituzionali. Sebbene quest'anno tutta una serie di problemi,
prima fra tutte l'assenza di disponibilità
della amministrazione comunale della città,
ci ha impedito di realizzare l'edizione 2000 del
Festival Celtique di Aosta quando il programma era
ormai già completamente definito ed erano
perfino già usciti degli articoli in Spagna
ed Inghilterra, la Société d'Histoire
Celtique è riuscita a salvare almeno la
parte istituzionale delle conferenze di storia e
archeologia, di cui a pagina 14 troverete il
programma. A pagina 10 viene presentato invece il programma
completo del più importante momento di
incontro ludico della cultura celtica d'Europa: il
Festival di Lorient. Infine tra le proposte estive di un turismo
culturale, oltre al consueto calendario dell'Agenda
Celtica, presentiamo l'articolo di Ferruccio Capra
Quarelli che vi propone un viaggio ai confini tra
storia e leggenda in "Avalon, Cornovaglia e
dintorni". Negli ultimi anni si è finalmente
allargato l'interesse per l'annoso problema dei
primi abitanti della nostra penisola, culture e
civiltà per troppo tempo dimenticate e quasi
negate dall'abbagliante luce dell'ascesa di Roma,
la cui grandezza ha monopolizzato per tanto tempo
in modo quasi fideistico il ristretto chiostro
della paludata cultura di stato. Dopo oltre
quaranta anni dall'uscita dell'ultima monografia
esaustiva sui "Liguri" ecco giungere il nuovo
lavoro del Professor Del Ponte, presentato in una
sua seguitissima relazione nel corso della scorsa
edizione del Festival Celtique di Aosta, e di cui
Vi presentiamo qui il testo. Buona Estate S.C. Simbologia
Celtica L'importanza del simbolo del Cervo risale
sicuramente molto addietro nel tempo sino al tempo
del Mesolitico, dove nelle sepolture, corna di
cervo venivano poste sul capo del defunto. Per
autori come il Weisweiler si può ritenere
che in epoca remota nel centro Europa si siano
sovrapposti due diversi flussi culturali, quello
del toro mediterraneo e quello del cervo artico.
Questo spiegherebbe le parziali sovrapposizioni
simboliche dei due animali ancora così ben
attestate in epoca celtica e romana. Dai ritrovamenti delle Grotte dei "tre Fratelli"
(risalenti a Cromagnon, circa 30.000 anni avanti
Cristo) alle incisioni della Val Camonica (che
rappresentano già un Dio dalle corna di
cervo ornato di un collare o torc celtico risalenti
al V/IV secolo a.C.), le rappresentazioni di un Dio
cornuto indicano un filo conduttore comune, mai
interrottosi attraverso i millenni, risalente a
tradizioni antecedenti alla comparsa degli
indoeuropei, che ne assorbirono probabilmente culto
e simboli dagli indigeni assoggettati. Nella cultura dei cacciatori Paleolitici del
grande nord il Cervo fu venerato come il principale
obbiettivo della caccia, caricandosi poi di
connotati ctonii e religiosi durante l'epoca
agricola del Neolitico. In epoca celtica esistono molte rappresentazioni
di un Dio cornuto: dalle stele antropomorfe
rappresentanti un guerriero accosciato rinvenute
nel sud della Francia, al calderone di Gundestrup,
fino ai più tardi bassorilievi funerari di
epoca galloromana con l'iscrizione "Cernunnos".
Unite ai testi epici e leggendari tramandati sino a
noi, tutte queste testimonianze ci delineano la
figura di un Dio celtico misterioso ed estraneo a
tutte le classificazioni tradizionali, che pone
numerosi problemi di interpretazione.
Abstract: Ligures, the earliest
inhabitants of Italy The Ligures people have a very long story. It's
amazing how we are able to study their life since
the last big "Wurm" glaciation period even if they
are still not very popular in the common local
culture. To study the Ligures story we have to
consider the long period of the italian peninsule
history dating back to more than 25.000 years ago
to the roman time. As told by the Greeks, they had
settlements from the Rhone outlets to Genua, from
the Mediterranean costs to the Maritime Alps and
had to fight against Celts and Romans. Les Ligures, la population la plus ancienne
d'Italie C'est une histoire très longue celle des
Ligures est c'est tout à fait singulier le
fait qu'on puisse l'étudier dès son
origine et donc en examinant l'histoire de l'Italie
du Nord à l'époque de la
dernière et grande glaciation de "Wurm", il
y a plus de 25.000 ans.
Conferenza tenuta ad Aosta nel corso del
terzo Festival Celtique) È
uno scherzoso paradosso affermare che,
allorché si costituiva il primo germe delle
futura etnia dei Liguri , essi naturalmente non
sapevano di chiamarsi cosi'. Ma, del resto, neanche
dopo lo avrebbero saputo, perché questo nome
venne loro attribuito dai Greci prima (*Liguses) e
poi dai Romani (Ligures), formandolo probabilmente
da una base linguistica preindoeuropea *"liga",
"luogo paludoso", "acquitrino", ancora viva nel
francese "lie" e nel provenzale "lia": e questo
perché il primo incontro fra i mercanti
greci e gli indigeni sarebbe avvenuto proprio sulle
coste paludose delle foci del Rodano. La storia dei Liguri parte da molto lontano. E'
singolare, infatti, la constatazione che i Liguri,
una popolazione fino ad oggi assai poco studiata e
quindi conosciuta a livello generale, in
realtà sono, tra i popoli d'Italia, quelli
che siamo in grado di seguire dai tempi più
remoti. Abbiamo questa possibilità soltanto
per loro, se consideriamo la situazione dell'Italia
Settentrionale al tempo dell'ultima grande
glaciazione, quella di Wurm, allorché
dovunque dominavano ghiacci o inospitali distese
gelate. Dappertutto, tranne che lungo l'arco
dell'attuale costa ligure, quasi un istmo fra
penisola italica ed area franco-cantabrica, in cui
il clima era quasi primaverile: in ogni caso
sopportabile per flora, fauna ed esseri umani. E la
nostra storia comincia proprio circa 25.000 anni
fa, sul finire del Paleolitico Superiore, con
quegli esseri umani che presero a frequentare le
caverne dei Balzi Rossi, oggi a pochi metri dal
confine francese, sulla costa, proprio sotto il
villaggio di Grimaldi, che si trova a monte. In
realtà queste grotte erano state frequentate
già da migliaia di anni. Prima dell'epoca di
cui parliamo le abitò l'uomo di Neanderthal,
il quale scomparve o (più probabilmente) fu
eliminato dall'uomo di Cro-Magnon ( così
detto da una località della Francia
atlantica), a cui si deve la mirabile fioritura
artistica delle grotte della civiltà
franco-cantabrica . Nel momento di cui parliamo,
esisteva un contatto diretto fra le coste
atlantiche e la Liguria attuale. In effetti, l'uomo dei Balzi Rossi costituiva la
propaggine più orientale dell'uomo di
Cro-Magnon. Se, come si è detto, prima che
la fine dell'ultima epoca glaciale interrompesse i
contatti, i ghiacci arrivavano a lambire la Liguria
sin sul crinale a poca distanza dalla costa,
lì invece era quasi primavera. Per effetto
della glaciazione il mare si era ritirato e le
grotte non si trovavano, come oggi, a 20 metri dal
mare, ma a 10 chilometri, era dunque permesso
l'insediamento umano ed animale. O, per meglio
dire, l'insediamento umano esisteva proprio a causa
del continuo passaggio di selvaggina di grossa
taglia: bisonte, bue muschiato, stambecco, cavallo
selvaggio. L'uomo viveva di caccia e, in minima
parte, di raccolta. Non conosceva neppure la pesca,
se non quella di fiume e torrente, al massimo
raccoglieva qualche mollusco lungo gli scogli della
costa. La prima cosa notevole da segnalare è
la particolare struttura scheletrica e la notevole
massa muscolare dei frequentatori dei Balzi Rossi:
l'esemplare maschio adulto poteva raggiungere e
superare l'altezza dei due metri e non essere mai
inferiore ai 180 cm. E soprattutto tombe maschili
sono venute alla luce nelle sepolture scavate a
partire dagli anni '70 del secolo scorso sino ai
primi del '900: ne emerge una civiltà
prettamente patriarcale con la donna in posizione
subordinata (proprio come avviene in tutte le
comunità di cacciatori). Sembra poi di
capire che quegli uomini di cui è stata
trovata la tomba avessero una posizione
privilegiata all'interno della comunità: lo
si deduce dal colore rosso dell'ocra che ricopriva
sia i corpi che le tombe, da ricondursi al concetto
del rosso come celebrazione della sovranità,
presente tra l'altro anche in diverse
manifestazioni di Roma antica (2). Si trattava
evidentemente di capi. Vennero anche rinvenuti
oggetti che in apparenza potrebbero suggerire una
civiltà matriarcale: statuette di donne con
caratteristiche sessuali esagerate, le cosiddette
Veneri paleolitiche ritrovate anche in molte altre
parti d'Europa, sempre associate ai resti del
Cro-Magnon. Ma esse non devono far pensare ad una
civiltà matriarcale, sono solo un tributo
che questa umanità offriva al sacrum, al
mistero della sessualità e della
fecondità. Siamo di fronte, in ogni caso, ad
una società spiritualmente molto sviluppata:
sia nelle grotte atlantiche che ai Balzi Rossi sono
stati trovati elementi (ad esempio, tacche incise
su strumenti, ossa o pareti) che fanno pensare
addirittura ad un sistema di calcolo del tempo,
delle stagioni e delle costellazioni. Il dominio dei cacciatori durò per
migliaia di anni e l'ultima sua fase, che
contrassegna le estreme manifestazioni della
civiltà franco-cantabrica collegata all'uomo
di Cro-Magnon, viene definita "Epigravettiano"
(dalla località di La Gravette, in
Dordogna): una fase culturale che in Liguria
durò più a lungo, pervenendo, con
diversi aspetti regionali, sino alle soglie del
Neolitico. Circa 18.000 anni fa il distacco del-
l'area ligure dalla vicina area francese viene ad
approfondirsi. Finiti i rigori e la presenza del
ghiaccio, la valle del Rodano viene allargata e
quindi resa impraticabile. Dove erano i ghiacci si
distende una serie interminabile di paludi e questo
provoca una rottura irrimediabile fra la zona
atlantica e quella italica. Nell'area atlantica i
residui dei Cro - Magnon daranno origine alla
civiltà maddaleniana e saranno alla base
(secondo l'opinione di molti) del grandioso
fenomeno del megalitismo. Alcuni andranno a nord e
(si pensa) contribuiranno alla formazione della
razza fallica o dalica. Molti si sposteranno a sud
e attraverso la Spagna raggiungeranno l'Africa del
Nord. Daranno vita alle etnie dei Guanci nelle
Canarie, dei Cabili dell'Algeria e dei Berberi
dell'Atlante e, più in generale, alla
sottorazza detta degli Atlanto-mediterranei. Le
popolazioni che rimarranno sul posto daranno
origine all'attuale popolo dei Baschi. Esistono
recenti ricerche (ad es., di L. e F. Cavalli
Sforza) che, utilizzando le più aggiornate
conoscenze della genetica, provano questa
continuità. Anche se non circola più da quelle parti
l'uomo alto due metri e la cacciagione di grossa
taglia, si può dire che i Baschi siano i
moderni discendenti dell'Uomo di Cro-Magnon: lo
prova, tra l'altro, l'alta frequenza del gruppo
sanguigno 0 negativo e la spiccata dolicocefalia.
Coloro che poi erano rimasti nell'area ligure
lasciarono le loro tracce un po' dappertutto, fino
alla Toscana settentrionale. L'apporto etnico successivo sarà quello
dei popoli mediterranei ovvero dei portatori della
civiltà neolitica e quindi dell'agricoltura
e della ceramica. Se pur non ne esistono le
testimonianze archeologiche (come ricordava anche
il grande storico delle religioni Mircea Eliade),
vi è oggi tra gli studiosi la tendenza
diffusa ad affermare che la civiltà
neolitica si sia propagata lentamente dal Medio
Oriente verso la Grecia e il corso del Danubio,
quindi lungo le coste del Mediterraneo per mezzo di
un piccolo cabotaggio. Per quanto riguarda la
Liguria, l'unica area in cui ci sono prove
archeologiche del manifestarsi della nuova cultura
neolitica è quella di Finale Ligure, un'area
abbastanza ampia nel- l'attuale provincia di
Savona. Nelle grotte di Finale (in particolare
nelle grotte della Pollera e delle Arene Candide)
la civiltà agricola lascia le prime tracce
del lavoro dei campi e della ceramica. Ma gli
scheletri ritrovati hanno caratteristiche che
ricordano le precedenti popolazioni dei cacciatori,
il che significa che avvenne un matrimonio, un
incontro tutto sommato pacifico fra la
civiltà dei cacciatori e quella degli
agricoltori (un fenomeno antropologico che si
è riscontrato - e tuttora marginalmente si
verifica in certe zone remote del- l'Africa
centrale - in epoche ed aree diverse del nostro
pianeta ). Nello studio della conformazione dei crani si
avverte una rottura, ma anche una
continuità. La caratteristica dominante dei
crani Liguri - dall'uomo dei Balzi Rossi
(Cro-Magnon - alla conquista romana - è una
dolicocefalia nettamente sviluppata. Il Neolitico
non incide profondamente in quell'antica
società, almeno fino a che non si sottentra
nella successiva età dei metalli. Un'epoca
che un tempo non lontano sembrava remotissima ed
oggi invece ci appare più vicina. Più
vicina, s'intende, se consideriamo le cose in una
prospettiva più ampia, metastorica: ma in
realtà, più lontana in termini di
cronologia assoluta. Pensiamo un po' al cosiddetto
"uomo (o mummia) del Similaun", ritrovato pochi
anni fa in Alto Adige: un cacciatore, forse uno
sciamano, riemerso fortunatamente dai ghiacciai al
confine con l'Austria. Fra le altre cose, ha con
sé un'ascia dalla lama metallica, di rame
(un rame che egli stesso fuse per sé). Le
analisi al carbonio 14 fanno risalire la mummia al
3500 a.C., cioè a 5500 anni fa. In
precedenza si pensava che il rame in Italia fosse
sconosciuto in quell'epoca, ma adesso bisogna
retrodatare il suo uso di circa un migliaio di
anni. Ed è singolare come quell'ascia
rassomigli molto alle asce raffigurate in Liguria
sulle statue-stele della Lunigiana o nelle prime
incisioni rupestri di Monte Bego. Si pensava in un primo tempo che la Liguria
fosse una regione povera di minerali, poi si
è scoperto che nel- l'entroterra fra
Chiavari e Sestri Levante esisteva una miniera di
rame, a Libiola, sfruttata sin da epoca
remotissima: analisi al carbonio 14 hanno
dimostrato che vi si estraeva il metallo già
4500 anni fa. E la futura città di Chiavari
(ma come si sarà chiamata allora?)
nascerà come primo centro abitato sulle
coste della Liguria proprio grazie alla presenza di
questa miniera, dal momento che il rame vi veniva
esportato tramite un approdo marittimo. Il
professor. Nino Lamboglia è stato l'autore
di cinque campagne di scavo nella necropoli di
Chiavari, che però risale all'età del
Ferro, al VIII secolo a.C. Fra il 2500 e l' VIII
secolo a.C. esiste naturalmente un lungo iato di
tempo: come può essere colmato? Il prof.
Lamboglia, durante gli scavi, studiandone la
stratigrafia, aveva notato che la necropoli sorgeva
su un luogo reso asciutto (così, almeno,
egli pensava) mediante un'impermeabilizzazione
artificiale ottenuta tramite uno strato di minuti
cocci, che l'antica popolazione avrebbe
appositamente steso a quello scopo. Tuttavia,
Lamboglia non analizzò o, meglio, non ebbe
il tempo per analizzare adeguatamente proprio
questo strato, l'ultimo della serie, cosa che fu
compiuta solo negli anni '80 di questo secolo.
Ebbene, questo strato di cocci è composto da
anfore di ceramica risalente al XIV-XIII secolo
a.C. e si trattava, dunque, non di un fondo
artificiale, ma di una base naturale di spiaggia,
di riporto, lavorata dal mare, che attestava un
traffico ed uno scambio di merci sulla costa
già in quell'epoca lontana. Siamo agli
albori dell'età del Bronzo e tale
attività può essere agevolmente
connessa con l'esportazione del minerale di rame e
la miniera di Libiola. Poi, in seguito,
nascerà il vero e proprio centro abitato e
la necropoli ad incinerazione di Chiavari. Analizzando il territorio ligure si capisce
anche il carattere della popolazione. La gente
ligure è stata sempre ritenuta chiusa,
inospitale, difficile. I Romani la ritenevano "dura
e agreste". Tuttavia questa regione ha subito anche
infiltrazioni lente e pacifiche di altre genti .
All'inizio dell'età del Bronzo, dalle Alpi
settentrionali si riversarono popolazioni che
possiamo riconnettere con il mondo dei "campi
d'urne", vale a dire col crogiolo delle popolazioni
indoeuropee che in parte popoleranno l'Italia. I
Latini traggono origini da lì e così
i Veneti e tante altre popolazioni italiche. In
quest'epoca è ancora difficile distinguere i
popoli italiani da quelli celtici. Oggi esiste una
"moda celtica" o panceltica che, intendiamoci, ha
più di una giustificazione rispetto alla
misconoscenza del passato, ma, appunto, non bisogna
esagerare. Popolazioni che possiamo definire
"preceltiche" si infiltrano comunque già in
età antichissima nel Piemonte e nella
Liguria centro-orientale, mentre la Liguria
occidentale manterrà caratteristiche
più arcaiche, così come certe aree
più vicine alla Toscana (Garfagnana,
Lunigiana). Nelle zone interessate dall'ondata
migratoria inizierà un processo di parziale
indoeuropeizzazione in parte collegato a
popolazioni che ho definito "preceltiche". Lo si
può affermare anche sulla base di alcune
iscrizioni ritrovate. La prima statua - stele
rinvenuta in epoca moderna, nel 1837 a Zignago
(SP), reca un'iscrizione in alfabeto etrusco, ma in
lingua di dubbia attribuzione e tuttavia
sicuramente indoeuropea: "Mezunemunis", ovvero "io
(cioè la divinità raffigurata) che mi
trovo in mezzo al bosco" (da notare
l'affinità col latino). A Genova
l'iscrizione (VI sec. a.C. ? ) "Mi Nemeties" ("di
me, Nemetie") di nuovo collega sistema alfabetico e
grammaticale etrusco con un personaggio dal nome
certamente celtico (3). Eccoci dunque di fronte
alla terza componente etnica della Liguria
preromana .
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